Uno degli acquerelli dell’artista di León Sara Calleja, vittima di violenza di genere.
« La mia vita è insopportabile, non ce la faccio più. »
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Non bastarono 19 denunce, 3 giudizi, 2 ordini restrittivi di allontanamento né 9 mesi di carcere per sbarazzarsi del suo ex. Dopo 2 anni di maltrattamenti Sara Calleja si è tolta la vita.
“La paurosa”, una delle opere di Sara Calleja. La sua morte non farà parte delle statistiche di violenza di genere nel 2015. Ufficialmente questa donna non è una delle 27 che ha perso la vita per mano del partner o dell’ex partner in Spagna quest’anno fino ad oggi, una carneficina che dal 2012 solo a León ha lasciato 5 vittime. Sara, leonese di 51 anni, non è morta per mano del suo ex. E questo nonostante lo abbia denunciato 19 volte, ci furono tre giudizi e la Corte abbia imposto due ordini restrittivi di allontanamento e di comunicazione. E che lui, il belga Christian C., sia stato condannato ed imprigionato per nove mesi nel carcere di Mansilla de las Mulas per il reato di minacce in ambito famigliare, anche se il procuratore di violenza di genere di León, dove il reato è stato commesso, aveva chiesto cinque anni di carcere.
« La mia vita era nelle sue mani, signora giudice, e sembrava che ogni volta che denunciavo, davo noia », ha scritto Sara prima di morire. Potremmo chiamare quello di Sara suicidio di genere. Poiché l’11 luglio non ce l’ha fatta più e si è tolta la vita ad Ibiza, dove si era rifugiata per paura di ritrovare il suo aguzzino, che quattro giorni dopo avrebbe scontato la sua pena e sarebbe stato rilasciato.
« La trovava sempre », dichiara John, un amico di Sara che ancora fa fatica a credere a questa tragedia che ha lasciato una famiglia desolata. La madre di Sara, i suoi due figli (Elio e Andrea, da un precedente matrimonio), le sue sorelle, i suoi amici.
Tutto finito in questo modo atroce. John è incapace di capire perché nulla sia stato fatto, nonostante il grido disperato di questa donna anche espresso attraverso i suoi pennelli e la sua arte, nonostante già nel mese di aprile aveva cercato di porre fine alla sua tortura con una overdose di pillole. « Con la sfortuna che il mio corpo sopportò quello che non avrebbe dovuto » scriveva Sara poche ore prima di mettere fine al suo infinito dolore nella straziante lettera alla giudice di violenza di genere di León.
Non capisco come ho potuto sopportare tutto questo e tutto quello che mi è accaduto. A dire il vero, non lo sopporto e per questo mi ritiro. La terribile storia della fine di Sara Calleja (Ponferrada 1963 – Ibiza, 2015) è stata raccontata lunedì dal quotidiano El Mundo. Sulle reti sociali si sono scatenate le reazioni per l’incomprensibile inazione della giustizia, nonostante la donna si fosse stancata di chiedere aiuto. « Ci dicono tanto di denunciare i maltrattamenti, e nessuno ha risposto a 19 denunce?» Twittera una ragazza. « Aveva già scontato la sua pena, non dimentichiamolo », ha scritto un altro.
« Per diverse circostanze Sara non ha mai avuto una vita facile, anche prima di incontrare l’uomo », dice il suo amico John, disarmato per la sua assenza. Il suo calvario era iniziato cinque anni fa, quando dopo aver perso il posto di lavoro è riapparsa nella sua vita una vecchia conoscenza belga che le prometteva una vita più confortevole nel suo Paese, dove Sarah si era illusa di poter trovare una vita migliore.
La folle gelosia di lui e i primi maltrattamenti trasformarono l’atmosfera idilliaca della vita che lei desiderava in un incubo che continuava a peggiorare. Sara era piena di paura, si isolò dalla sua famiglia. Non vedeva più nessuno e mandò giù troppo fino a quando ha sporto la prima denuncia.
« Volevo solo non vederlo più »
Alla fine del 2013, Sara ha detto basta e ha messo fine alla relazione, ma le molestie sono diventate ancora più insopportabili. « Voleva non vederlo più ma lo incontrava sempre », dice John. L’aggressore creava falsi profili in rete per rintracciarla, inviava centinaia di messaggi a lei ed alla sua famiglia, e si è persino trasferito a León, dove la denunciò all’INEM per percezione indebita di disoccupazione, cosa che le è costata una multa di circa 20.000 euro. Affogata dai debiti, Sara ha dovuto separarsi dalla casa che aveva comprato per i suoi figli. « Quest’uomo ci ha gradualmente distrutto la vita » ha raccontato il figlio più piccolo in un’intervista, « è stato solo molestie e demolizione ».
« Sono molto stanca e ho bisogno di riposare; la mia vita è insopportabile” ha scritto alla giudice. “La mia vita era nelle sue mani ma sembrava che ogni volta che denunciavo davo noia.” “Molte donne ritirano le loro denunce perché è un’agonia affrontare un processo dal quale non si esce mai intere.”, ha asserito Sara, che riconosceva di non avere più forze. “Io ora non ne posso più. La mia vita non ha più luce né speranza. Christian mi ha rubato tutto. Ha vinto lui.”
Qui l’intera lettera che scrisse al giudice Sara Calleja GBV de Leon, pubblicata Lunedi da El Mundo.
Traduzione Resilienzainesilio