« Potrebbe essere tua mamma » verso POTREBBE ESSERE (ed è) UN ESSERE UMANO

« Potrebbe essere tua madre » o « tua sorella », « tua figlia », ecc…

Perché in caso di violenza di genere, maltrattamenti, abusi, come di ricorso alla prostituzione (magari minorile) ci si rivolge spesso in questo modo agli uomini che ne sono coinvolti? Come mai questa necessità?

C’è una reale fatica nel « personalizzare » la vittima: la donna, ragazza, persino bambina è vista come OGGETTO  e NON come PERSONA, come ESSERE UMANO.

Un lungo lavoro di spersonalizzazione messo in atto dalla società tutta tramite l’attribuzione di ruoli di genere ben definiti e distinti.

Fin dalle favole infantili ci raccontano la persona di genere femminile come debole e bisognosa di aiuto maschile, in pericolo e/o da salvare, conquistare, far divenire « propria ». Lei in questa fusione troverà il massimo della realizzazione (spesso annullando se stessa e tutto ciò che prima era), la pace, la completezza, la sistemazione e la soddisfazione a vita. L’antitesi femminile è « la strega »: sola e in quanto tale evidentemente insoddisfatta, con capacità infinite e poteri magici che però userà in maniera malevola.

L’educazione insegna alle bambine e alle ragazze la comprensione dell’altro. AltrO: prima di tutto comprensione del « maschio », di qualsiasi età, visto come bisognoso a vita di appoggio e aiuto, di pazienti cure… il tutto necessario per non essere oggetto di violenza da parte del genere maschile, che vi sarebbe naturalmente predisposto se non dovutamente e devotamente tenuto a bada. Da qui l’idea che se si è donne « capaci » di essere tali non si può essere oggetto di violenza maschile. Emblematica la storia di Sherazade, eroina de Le mille ed una notte: per placare la furia misogina e omicida del re di Persia, che ogni notte sposava « una vergine » per ucciderla al mattino seguente, si propone come sua sposa e ogni notte si dedica con infinita devozione all’uomo raccontandogli favolose storie. Il re di Persia « premierà » poi la devozione di Sherazade e dopo molte notti, « mille ed una » appunto, deciderà di tenerla accanto a sé per sempre. Bel guadagno per Sherazade! Grazie alla sua comprensione, pazienza e capacità di empatia condannata a vita a vivere con un criminale femminicida! (*) Non è che queste qualità siano negative, intendiamoci, è il senso unico che porta al totale annullamento di una parte a servizio dell’altra che lo è!

I mass media presentano la donna che si deve adeguare ad un modello di bellezza, di taglia, di cura dell’ aspetto fisico. L’ aspetto fisico stesso diventa così il fattore da criticare per abbattere le donne che raggiungono i media per qualità e posizioni diverse, di solito occupate dal genere maschile: in politica, nel mondo scientifico ed anche dello spettacolo. Alcuni esempi eclatanti: il vestiario delle ministre passato in rassegna, l’astronauta Samantha Cristoforetti che viene criticata per il suo taglio di capelli ed il suo aspetto fisico, la cancelliera Merkel che viene attaccata per la sua taglia e la sua presunta mancanza di gusto nel vestire (così come per la presunta freddezza personale e mancanza di empatia, vedi punto precedente, si direbbe la stessa cosa se fosse un uomo?). Negli ultimi giorni è stato eclatante il caso della cantante Arisa, insultata con una serie di commenti sessisti della peggior specie sul social network perché ha postato alcune foto del suo taglio di capelli molto corto.

La pubblicità rappresenta la donna, spesso svestita, accanto all’oggetto da vendere, qualsiasi oggetto sia, facendone un parallelismo. L’alternativa è la massaia sui fornelli o sull’asse da stiro per vendere, in questo caso alla donna, la passata di pomodoro o il ferro a vapore all’ultimo grido.

Continua così la rappresentazione binaria: donna devota (al proprio uomo ed alle faccende domestiche) o donna non-persona.

L ‘industria del sesso presenta il genere femminile a servizio di quello maschile per la soddisfazione del piacere. Ancora la rappresentazione, come nella pubblicità, della donna come « pezzo di carne ».

Per fermare le diseguaglianze e la  violenza di genere occorre abbattere gli stereotipi che fondano la nostra società patriarcale in tutti i nostri aspetti della vita e ricostruire l’idea della donna quale essa, per natura, è:

UN ESSERE UMANO!

rispetto mamma ecc

Immagine da Mujeres sin descafeinar.

« Distruggiamo l’idea che gli uomini debbano rispettare le donne perché loro figlie, madri o sorelle.

Rinforziamo l’idea che gli uomini devono rispettare le donne perché sono persone. »

Resilienzainesilio

(*nota: dalla critica alla figura di Sherazade il titolo dell’opera della giornalista e poetessa libanese Joumana Haddad « Ho ucciso Sherazade », 2010, un’analisi sul machismo nel mondo arabo ed in occidente e sulle loro contaminazioni.)

Un commentaire sur “« Potrebbe essere tua mamma » verso POTREBBE ESSERE (ed è) UN ESSERE UMANO

  1. bè vengono insultate anche le belle donne se fanno politica (vedi la Boschi) ma comunque questo tipo di insulto è sempre sbagliato, gli insulti ad arisa sono sbagliati, detto questo dobbiamo accettare il fatto che certi corpi maschili e femminili sono fisicamente più belli di altri in linea di massima, un corpo snello,tonico, atletico sensuale non è « normato »..è semplicemente un corpo bello di una persona geneticamente fortunata (e sono tante) e che magari se lo coltiva anche come è suo diritto..accettiamolo. Una donna coi capelli lunghi non è « normata », è libera e autentica come una coi capelli corti, idem per gli uomini. E questo non vuol dire che chi non è fisicamente bello deve sparire, deve essere offeso..o non può piacere a nessuno. Certo che no! Anche chi non è fisicamente bello/a può piacersi, piacere fisicamente a qualcuno avere storie d’amore e sesso ma accettiamo il fatto che la bellezza fisica non è democratica: Massimo Boldi può piacere fisicamente a qualcuno ma i bellocci sono altri
    E poi tutti vogliamo essere belli/e, tutti curiamo il nostro aspetto estetico per noi e per il prossimo chi più chi meno e fa parte della nostra libertà.
    voler aiutare (o « salvare ») qualcuno (in questo caso una donna) che amiamo non vuol dire spersonalizzarlo

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